Il microscopio

I MICROSCOPI

 

Un sistema ottico riproduce un punto dell'oggetto come un piccolo disco luminoso, detto centrica, il cui diametro dipende dalla lunghezza d'onda della luce e dalla struttura dell'oggetto stesso. Due punti luminosi sono distinguibili solo se il bordo di una centrica non si sovrappone all'altra, o, al limite, se non supera il centro del cerchio. La capacità di distinguere due punti luminosi più vicini possibile è definita potere di riunione, ed è in funzione del diametro e della distanza tra due centriche. Oltre a queste caratteristiche geometriche, il potere di risoluzione è in funzione anche dell'intensità della radiazione luminosa e delle caratteristiche del sistema rivelatore, cioè del contrasto. La risoluzione di un'immagine è legata quindi al contrasto: maggiore è il contrasto fra le sorgenti luminose più nitida sarà l'immagine. Molto spesso però il contrasto naturale non basta, per cui si ricorre alla colorazione dei preparati oppure si usano microscopi speciali.

 

MICROSCOPIO OTTICO COMUNE

 

Questo tipo di microscopio è composto da un sistema ottico, rappresentato dall'obbiettivo e dall'oculare, uno stativo, o parte meccanica, ed un apparato per la direzione e condensazione della luce. Schematicamente possiamo così rappresentarlo: L'apparato di illuminazione del microscopio è formato dalla sorgente luminosa, che invia le radiazioni luminose, debitamente amplificate, dalla lente collettrice allo specchio, che la riflette sul campo visivo. Fra lo specchio ed il piano del preparato è posto un condensatore, preceduto da un diaframma (d'apertura) che regola l'intensità della luce emessa dalla lampada con un sistema ad iride. Il condensatore è formato da lenti sovrapposte, che fanno convergere la luce al centro del preparato, sullo stesso asse del sistema ottico. Il piano d'appoggio per i preparati è formato da una piastra generalmente quadrangolare che, nei microscopi più moderni, è fornita di due manopole che ne permettono lo spostamento. Il piano subisce solo movimenti in senso antere-posteriore, mentre quelli laterali sono resi possibili da un sistema di traslazione sovrapposto al piano, che mediante una o più levette, assicura la stabilità del vetrino. Gli obbiettivi sono molteplici, e vengono fissati ad un revolver posto sotto il tubo dell'oculare. Ogni obbiettivo ha caratteristiche proprie ed infatti possiamo avere obbiettivi diversi per ingrandimento, da usare per l'osservazione ad immersione, per la fluorescenza etc. Essi sono caratterizzati da alcune cifre; per es.: 100X/l,25;oo/0,17 significa che l'immagine è ingrandita 100 volte; l'apertura numerica è 1,25; la lunghezza del tubo dell'oculare può essere infinita ed il vetrino coprioggetti non deve essere più spesso di 0,17 mm ( ± 0,01 mm). Il prefisso Gel indica l'uso ad immersione, e Fluor a fluorescenza. Anche l'oculare reca delle cifre (es.: 12,5 X), che indicano l'ingrandimento dell'immagine prodotto da esso. L'ingrandimento totale è dato dal prodotto dell'ingrandimento o dell'obbiettivo per quello dell'oculare. Es: Obbiettivo 25 x ed oculare 10 x daranno un ingrandimento totale di 250 x. L'utilizzazione dell'immersione, mediante l'interposizione di olio di cedro fra la lente dell'obbiettivo ed il preparato, aumenta l'apertura numerica del microscopio, in quanto riduce la deviazione delle radiazioni luminose nel passaggio dal vetro del condensatore all'aria. Questa metodica viene usata in genere per gli obbiettivi a grande apertura numerica.

 

MICROSCOPIO A CONTRASTO DI FASE E AD INTERFERENZA

 

Le onde luminose presentano tre caratteristiche: l'ampiezza, la lunghezza, la fase. Nei preparati non colorati, l'ampiezza e la lunghezza delle onde che li attraversano subiscono delle modificazioni non percepibili dall'occhio umano o da un'emulsione fotografica, e quindi i preparati istologici in definitiva sono trasparenti alla luce visibile. Esistono però delle piccole differenze nell'indice di rifrazione, che determinano une 'sfasamento' delle radiazioni trasmesse attraverso di essi. Nell'attraversare una cellula per es, le onde luminose che attraversano il nucleo saranno ritardate rispetto a quelle eh; passano nel citoplasma, e ne risulterà quindi un'onda sfasata. Nel microscopio a contras: : dì fase, queste piccole differenze di fase possono essere amplificate e trasformate in cambiamenti di ampiezza (luminosità). Questo microscopio differisce da quello ottico comune solo per un diaframma posto sotto al condensatore (diaframma di fase o anulare) e per una lamina o anello di fase o ritardatore, posta all'interno dell'obbiettivo. Il diaframma presenta a considerare una zona periferica ad anello, che è quella trasparente alla luce. Le radiazioni luminose, quindi, si concentreranno in questa zona, ed avremo che all'obbiettivo arriveranno sia i raggi diretti che quelli rifratti dalle strutture del preparato. La lamina a sua volta accentuerà la differenza di fase, rendendo visibili le strutture microscopiche in quanto il ritardo di fase causa la differenza di ampiezza necessaria affinchè vengano percepite dall'occhio umano. Il microscopio a contrasto di fase viene utilizzato per l'osservazione di preparati nei colorati e di cellule vive, ma ha il grosso limite di dare buone immagini solamente con preparati molto sottili, ed il suo uso è pertanto limitato alla morfologia. Il microscopio ad interferenza si basa sul principio del contrasto di fase, ma la luce viene separata in due fasci ben distinti: uno formato dalla sola luce diretta, un altro dalla sola luce rifratta. Un apparato del microscopio ricombina i due fasci luminosi, creando così il fenomeno dell'interferenza. Questo è possibile in quanto i due fasci luminosi provengono dalla stessa sorgente, sono cioè coerenti. Questo microscopio, misurando il rallentamento dei raggi che hanno attraversato il preparato, o differenza di cammino ottico, permette di eseguire misurazioni quantitative delle componenti cellulari. L'aumento della differenza di cammino ottico (= OPD = optical path difference) è provocata alle strutture solide, per cui, con procedimenti di estrazione, si possono misurare le quantità di tutti i componenti chimici. Usando un enzima proteolitico, per es., noi possiamo determinare la quantità di proteine cellulari (o tissutali) eseguendo determinate misurazioni prima e dopo l'estrazione enzimatica: la differenza fra le due misure ci darà il contenuto di proteine.

 

MICROSCOPIO IN CAMPO OSCURO

 

Serve ad aumentare il contrasto sia in cellule viventi che in oggetti aventi diametro piccolissimo, e quindi non apprezzabile con il comune microscopio ottico. È costituito da un ordinario microscopio ottico cui il normale condensatore a luce trasmessa è sostituito da un altro che illumina l'oggetto obliquamente. L'aumento del potere di risoluzione si ha in base al fatto che particolari strutture colpite obliquamente, diffondono la luce in campo oscuro, aumentando la loro luminosità. Il condensatore è composto da un diaframma nero centrale, che arresta i raggi luminosi diretti, mentre alla periferia rimane libera una zona che permette al fascio di luce, dopo essersi riflettuto sul condensatore, di dirigersi verso il centro dell'asse ottico secondo un angolo ben determinato.

 

MICOSCOPIO POLARIZZATORE

 

Viene usato per osservare strutture che presentano un certo orientamento molecolare, quali le componenti fibrose o cristalline dei tessuti. A causa del diverso orientamento delle molecole, quasi tutti i tessuti, non trasmettono la luce in tutte le direzioni in maniera uniforme, in quanto presentano indici di rifrazione diversi. Quando tali tessuti sono colpiti da un raggio di luce polarizzata che si propaga in un unico piano, scindono la luce in due raggi perpendicolari fra di loro che si propagano con velocità diverse e che vengono definiti raggio ordinario e raggio straordinario. I tessuti che hanno questa proprietà vengono definiti anisotropi o birifrangenti, quelli che invece presentano lo stesso indice di rifrazione in tutte le direzioni vengono definiti isotropi. La differenza esistente fra questo tipo di microscopio e quello ottico comune consiste nella presenza di due dispositivi atti a trasformare la luce normale in luce polarizzata in un unico piano di propagazione. I due dispositivi sono posti uno sotto il condensatore (polarizzatore) e l'altro al di sopra della lente dell'obbiettivo (analizzatore), e consistono in due prismi di Nicol o due lamine di pellicola polaroid. Facendo ruotare l'analizzatore o il polarizzatore si ottiene la massima illuminazione del campo microscopico nella posizione in cui i piani di polarizzazione della luce trasmessa attraverso le due lamine sono paralleli tra loro. Si ottiene invece estinzione quando essi sono incrociati. Interponendo fra le due lamine un corpo birifrangente, questo apparirà illuminato anche in questa ultima condizione, in quanto esso scompone la luce nei due raggi perpendicolari ordinario e straordinario.

 

MICROSCOPIO A FLUORESCENZA

 

Un elettrone, colpito da una radiazione, aumenta la propria energia e passa ad un livello di energia superiore. Quando ritorna al livello iniziale l'energia accumulata viene trasformata in radiazione luminosa visibile. È questo il principio su cui si basa il microscopio a fluorescenza. Il preparato viene illuminato con luce Ultravioletta, dirigendo sul campo un fascio di onde luminose comprese fra 300 e 400 mm di lunghezza d'onda. La luce U.V. non è visibile all'occhio umano; adoperando però lunghezze d'onda dell'ordine di 350 mm avremo che la radiazione riemessa sarà visibile. La presenza di radiazione visibile viene eliminata interponendo filtri di eccitazione che assorbono tutte le radiazioni non U.V. (o blu o violette). I raggi non utilizzati nel processo di eccitazione vengono in seguito assorbiti da filtri di sbarramento. Si impiega in genere come sorgente luminosa una lampada a vapori di mercurio. Fluorescenti sono le fibre elastiche ed il collagene, la vitamina A e tutti i carotenoidi, le lipofucsine (che non sono altro che lipocromi), etc. Questo tipo di fluorescenza autogena è detta autofluorescenza, mentre quella provocata tramite legame con un fluorocromo (v. immunofluorescenza) è definita fluorescenza indotta. Oltre ai fluorocromi (FITC, Roda-mina), possono indurre fluorescenza l'acridina Grange (RNA in verde e DNA in rosso), l'Alizarina, alcuni reattivi pseudo-Schiff e gli antibiotici a base di tetraciclina.

 

MICROSCOPIO ELETTRONICO A TRASMISSIONE

 

II principio del microscopio elettronico si basa sul fatto che un fascio di elettroni può essere influenzato da un campo elettrostatico o elettromagnetico. Questo strumento è l'unico che ci permette di analizzare l'intima struttura dei componenti intracitoplasmatici. La sorgente luminosa è sostituita da un fascio di elettroni emessi da un filamento di tungsteno (anodo) ed accelerati sotto vuoto fino ad un determinato potenziale da un cannone elettronico (catodo). Il campo elettrostatico (o elettromagnetico), influenzando il cammino degli elettroni, funge da lente, facendoli convergere alla stregua di un raggio di luce rifratto. Gli elettroni non attraversano il preparato in maniera uniforme, ma vengono assorbiti dalle strutture cellulari a seconda della loro intensità e della loro opacità. I campi magnetici fungono da obbiettivo e da oculare, permettendo così di visualizzare il preparato su uno schermo o su una emulsione fotografica. Al microscopio elettronico non è possibile esaminare preparati freschi, in quanto il materiale deve essere posto sotto vuoto. Si usa perciò fissare i tessuti generalmente con glutaraldeide o tetraossido di Osmio, e quest'ultimo agisce anche da colorante in quanto aumenta il contrasto dei costituenti cellulari agli elettroni, a causa del suo elevato numero atomico. L'Osmio ridotto si lega inoltre alle lipoproteine e ad altri componenti cellulari. La disidratazione, in etanolo o acetone, è seguita da inclusione in resine epossidiche o in metacrilato. Il taglio viene effettuato con strumenti denominati 'ultramicrotomi' che permettono di eseguire sezioni dell'ordine di 200-400 A. Come lame si impiegano in genere prismi di vetro o diamante, munite di una bacinella di raccolta per contenere le sezioni. Un ulteriore contrasto delle sezioni si può ottenere mediante l'impiego di 'coloranti elettronici' che sono sostanze contenenti atomi pesanti (acetato di uranile, citrato di piombo) i quali si legano ai diversi componenti della cellula, aumentandone così il contrasto.

 

MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE

 

Questo tipo di microscopio elettronico permette di esaminare la superficie degli organi, in quanto il fascio di elettroni viene riflesso dal preparato, che è ricoperto da una sottile pellicola di metallo (generalmente d'Oro). Le asperità della superficie vengono evidenziate dalle diverse modalità di riflessione degli elettroni, che sono funzione della quantità di metallo presente in un determinato punto, che a sua volta dipende dalla morfologia della superficie. Con questo metodo si ottengono immagini tridimensionali dei preparati in esame. Il potere di risoluzione del microscopio elettronico a trasmissione è di circa 3-5 A (anche se in pratica è di circa 10 A). Ciò si traduce nella possibilità di ingrandire fotograficamente un oggetto fino a 1.000.000 di volte. Il MES ha un potere di risoluzione inferiore, aggirandosi attorno ai 50-80 A. Teoricamente il fascio di elettroni potrebbe essere accelerato fino ad ottenere ingrandimenti molto più elevati, ma occorre tener presente che un'eccessiva velocità di elettroni danneggerebbe il preparato.

il fascino del microscopio
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